CONGRESSO NAZIONALE PSI
NAPOLI, 21-22-23 MARZO 2025
RELAZIONE MARAIO
Care Compagne, Cari Compagni,
grazie ai delegati e alle delegate presenti da tutta Italia qui a Napoli, in questa città meravigliosa, dove oggi inizia il nostro congresso nazionale.
Grazie ai compagni e alle compagne di Napoli per lo sforzo organizzativo e per la calorosa accoglienza che ci hanno riservato.
Un saluto di benvenuto alle tante donne ed agli uomini che mai hanno mollato, grazie a chi è tornato, ai tanti giovani che ci stanno dando una mano.
Grazie agli ospiti presenti e ai tanti che arriveranno durante la tre giorni di lavori congressuali.
I congressi politici sono il momento più importante per la vita non solo dei partiti ma della democrazia, e noi li celebriamo perché siamo una comunità vera.
Li celebriamo “Noi che abbiamo un mondo da cambiare / noi che ci emozioniamo ancora davanti al mare”, per usare una espressione che più di altre ci racconta, è del grande napoletano Pino Daniele, perché veniamo da lontano ed abbiamo una idea romantica, alta e nobile della politica.
Li celebriamo perché leali alla Costituzione che prevede un funzionamento vero dei partiti. E ne approfittiamo, citando la nostra Carta, per rivolgere un saluto al Capo dello Stato, Sergio Mattarella. L’auspicio è che il Quirinale, come accadeva una volta, possa tornare a salutare le stagioni congressuali. Non è vuoto rituale, sarebbe uno stimolo per la ripresa della vita democratica. E perciò confidiamo nella lungimiranza del Capo dello Stato.
Il nostro è un congresso straordinario perché straordinaria è la fase che stiamo vivendo negli ultimi mesi.
Sta cambiando l’intero ordine mondiale. Siamo in una fase internazionale nuova.
I due blocchi contrapposti che vedevano l’Europa al centro dell’equilibrio mondiale non esistono più. Con l’elezione di Trump alla Casa Bianca è stato sovvertito un ordine ed un equilibrio che avevano garantito per decenni pace, dialogo fra le potenze mondiali e equilibrio nella diplomazia internazionale.
Oggi è necessario ripensare il posizionamento di tutti gli attori politici mondiali e non è più rinviabile una riflessione sull’Europa, sulla nuova Europa che vogliamo. Serve al nostro Paese, serve per essere decisivi nelle nuove sfide internazionali.
Siamo convinti che sia arrivato il momento che l’Europa assuma maggiore responsabilità per la sua autosufficienza, la sua autonomia e la sua difesa. La nostra tradizione europeista deve spingerci a promuovere ogni azione di utile cooperazione, sostenendo e rilanciando il lavoro che il Presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, sta portando avanti.
L’Unione europea, il più grande spazio di libertà e di diritti nel mondo, è impegnata a difendere la libertà del popolo ucraino: la libertà dell’Ucrainadi oggi domani varrà per altri, è la libertà di tutti noi. Mentre concordiamo sulla improrogabilità di affrontare, finanziandola, l’emergenza della sicurezza, ribadiamo che non condividiamo la possibilità offerta agli Stati membri di utilizzare i fondi per la coesione: gli investimenti sulla sicurezza e sulla difesa europea non possono andare a scapito del pilastro europeo dei diritti sociali.
Per questo riteniamo che il piano RearmEuproposto dalla Presidente della Commissione europea sia un primo passo necessario e decisivo per la difesa comune, ma debba trovare altri canali di finanziamento.
La sicurezza europea non può essere soltanto una mera sommatoria di investimenti fatti nella difesa dei 27 Stati membri. Serve una spinta, una visione: l’idea degli Stati Uniti d’Europa andava e va in questa direzione.
È necessario avere un progetto unitario, condiviso e coordinato della difesa europea se vogliamo che davvero il nostro continente possa svolgere il ruolo di attore geopolitico alla pari fra la Russia di Putin e gli Stati Uniti di Trump guidato dalla bussola dei valori europei. Per questo, sul RearmEu non può essere in discussione il se farlo – è una necessità impellente – ma il come farlo, e come finanziarlo.
Con questo spirito sabato scorso siamo stati in piazza del Popolo, per riaffermare i valori europeisti del nostro Paese ma anche per chiedere un protagonismo dell’Europa nell’avvio di percorsi di pace nel mondo. Del resto, come disse Nenni in un discorso alla Camera dei Deputati nel ‘58 sul riarmo dei Paesi, “Il sentimento più profondo in noi è la salvaguardia della pace. Tutto il resto viene dopo.”
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In questo contesto il nostro Governo e la destra italiana navigano a vista, senza una visione e senza una strategia.
Salvini va in piazza, Tajani lo ammonisce, la Meloni palleggia. Tre leader di maggioranza e tre idee diverse di politica estera. Questo Governo non ha una linea e non farà molta strada.
Su ‘Rearm Eu’ le posizioni sono diverse, diversa è la linea su Trump, diversa è la linea sull’invasione russa in Ucraina, diversa è la posizione sul Medio Oriente e sul futuro dell’Europa.
Senza una linea chiara di politica estera non c’è governo del Paese. È una regola base della vita repubblicana, non è cambiata.
Nessuno più di noi ha il dovere, oggi, di lanciare una grande sfida in Europa. Dobbiamo farlo con la nostra famiglia del socialismo europeo, dobbiamo farlo trovando intese ed isolando la destra più estrema e chi ad essa strizza l’occhio.
La piazza di sabato scorso per l’Europa, dove si sono radunati migliaia di italiani che si sentono cittadini europei, deve spingere tutti noi a chiedere a gran voce una riforma radicale delle istituzioni europee. Non sono più rinviabili le riforme dei trattati, la modifica dei regolamenti di funzionamento.
Sul tema siamo sintonizzati da tempo da quando abbiamo lanciato la lista Stati Uniti d’Europa. Non era una scelta tattica, era una visione della società, una lettura dei tempi.
Serve più coraggio, serve una svolta federalista. E’ il tempo di realizzare
quella grande suggestione scritta nel manifesto di Ventotene da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, un socialista, ed Ernesto Rossi degli Stati Uniti d’Europa.
Un manifesto sempre attuale non per le analisi infelici e fuori dalla storia del Presidente Meloni – che evidentemente preferisce a quella sfida il Patto d’Acciaio – ma perché disegnava gli scenari più utili.
L’Europa degli aspetti finanziari non può bastare.
E’ così, con questa legittimazione, che si avrà la forza di costruire una nuova Europa. E’ una sfida che lanciamo, prima di tutto ai nostri partner europei ed italiani. “Rinnovarsi o perire” diceva Pietro Nenni. E’ arrivato il momento che l’Europa si muova partendo da questo assunto.
Dobbiamo sentirci, sempre più, cittadini europei e su questo consentitemi di ricordare lo straordinario spettacolo di Roberto Benigni ‘Il Sogno’, che ci ha regalato emozioni.
Lo ha fatto partendo dalla storia per planare sul futuro, ha argomentato con fatti inequivocabili, ha indicato una direzione di marcia. Ha ricordato che si può essere patrioti senza essere nazionalisti, ha esaltato il valore delle differenze che possono trovare una sintesi, ha parlato ai giovani, alle Istituzioni ed alla politica.
Il sogno è quello di vederlo un giorno Senatore a vita, mi sono permesso di dirlo intrepretando i sentimenti della nostra comunità.
Credo sia condiviso da tanti del nostro Paese.
Il Governo italiano non è in questa partita. La Meloni confonde l’amicizia ‘storica’ con gli Stati Uniti d’America con il vassallaggio verso Trump, trasforma le relazioni internazionali in servilismo. Sull’Europa, al netto del dileggio dei padri costituenti, palleggia mentre Tajani affanna e Salvini fa disastri.
Salvini – per commentare solo gli ultimi fatti – va in piazza per fermare il RearmEu, Tajani lo ammonisce, la Meloni assiste.
La Meloni è passata nel giro di poche settimane da essere strenua sostenitrice dell’Europa, per piazzare un suo vice presidente della commissione europea, a fare la claque all’insediamento di Trump alla Casa Bianca, unica capo di governo europeo presente a quella “festa”.
La falsa narrazione di esponenti della maggioranza secondo cui attraverso Giorgia Meloni l’Italia avrà trattamenti di favore da parte dell’America trumpiana è presto svelata: l’Italia, al pari degli altri stati europei, subirà tutte le decisioni di Trump sia dal punto di vista economico, attraverso i dazi e blocchi di importazioni, sia dal punto di vista geopolitico. Giorgia Meloni sarà, al pari di altri leader europei nazionalisti come Orban, la principale causa delrischio di disgregazione dell’Unione Europea. Il posto in cui la Meloni sta collocando il nostro Paese nello scenario geopolitico mondiale è fuori dalla storia.
E lo diciamo chiaramente: per noi servono più accordi commerciali, non dazi. I dazi sono tasse per cittadini e imprese, i dazi aumentano solo l’inflazione. Un errore da contrastare.
Desta molta preoccupazione, inoltre, anche la ripresa dei bombardamenti sulla striscia di Gaza. Pare sia uscita dall’agenda politica, un errore. Come un grave errore, una provocazione, è stata la dichiarazione di Trump relativa all’intenzione di fare di Gaza un luogo per i resort e il turismo americano. Uno scivolone che ha sicuramente agevolato la rottura della tregua da parte di Netanyahu e di Israele, causando una nuova escalation di violenza e bombardamenti su Gaza.
Hamas è una organizzazione terroristica, lo abbiamo sempre detto, ma la strategia del governo Netanyahu è sbagliata e insostenibile.
I numeri di questa guerra sono spaventosi: si stima la morte di oltre 40.000 persone, per lo più civili, donne e bambini, e la maggior parte dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia di Gaza è stata costretta a fuggire dalle proprie case.
Sulla vicenda della striscia di Gaza è arrivato il momento di tenere un punto fermo: sostenere gli sforzi della popolazione palestinese è un obbligo morale per tutte le democrazie occidentali e bisogna sospendere i bombardamenti degli israeliani. E’ necessario che le forze democratiche occidentali intervengano con la diplomazia per mettere fine a questa immane tragedia umanitaria.
“Due popoli, due stati” resta la soluzione.
Nelle prossime settimane è mia intenzionepromuovere una grande iniziativa nazionale, rivolta all’associazionismo che opera a tutela dell’infanzia. Accenderemo un faro sulla grande tragedia dei bambini, in questo conflitto il numero di minori morti è terrificante come è terrificante la distrazione di molti su una immane tragedia umanitaria.
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Dal Congresso del 2022, che celebrammo nella fase concitata della caduta del Governo Draghi e dello scioglimento anticipato delle Camere, è cambiato tutto.
La vittoria della destra ha portato a Palazzo Chigi Giorgia Meloni, la destra più populista e conservatrice, quella degli annunci e delle contraddizioni.
Di quel congresso ricordiamo soprattutto gli impegni presi, gli impegni non rispettati. La nostra comunità ha vissuto anni complicati, ma ha dimostrato di essere resiliente e capace disuperare tutte le difficoltà.
Ci anima la passione, ci incoraggia la storia, ci guida la convinzione di fare la cosa giusta.
Dopo le politiche non ci siamo scoraggiati. Abbiamo rilanciato. Il Psi è tornato ad essere oggi la casa dei socialisti, tutti, è punto di ritrovo di una nuova generazione che ci guarda con interesse.
E’ la casa di quei socialisti che, con gli stati generali del socialismo che abbiamo lanciato due anni fa, sono rientrati sotto il simbolo del garofano e si sono rimboccati le maniche per riportare in tutti i territori del Paese, in tutte le elezioni locali e regionali, il nostro simbolo, il garofano rosso.
E’ la casa di chi ha ‘nostalgia del futuro’, di quelli che hanno un impegno: riportare valori e tradizioni nel futuro.
E con questo spirito abbiamo voluto, quest’anno, dedicare la nostra tessera a chi più di tutti ha portato in alto i nostri valori: Bettino Craxi.
Lo ricordiamo ancora oggi, nel venticinquesimo anniversario della sua scomparsa ad Hammamet, perché Bettino è modernità, è innovazione. Perché è attuale la sua lezione. Perché è sulla scia del suo riformismo che ci muoviamo ancora oggi, perché è su quelle intuizioni che è tracciata la rotta.
Sulla politica interna dal Governo in questi anni, al netto della propaganda, non c’è stata nessuna misura utile per le famiglie, per le imprese italiane, per gli ultimi. La pressione fiscale non è diminuita, le partite Iva sono massacrate, il potere di acquisto delle famiglie non è migliorato.
La riforma dell’Irpef ha aumentato le diseguaglianze e non ha portato nessun beneficio alla classe media del Paese. Il Governo Meloni inoltre sostiene di essere il governo che più di tutti ha combattuto l’evasione fiscale, ma non è vero. Da questo Governo non c’è stata nessuna misura per costringere le big tech, le big company, le banche, a pagare le tasse in Italia. Nello specifico, in Italia le principali web company mondali (Meta, Netflix, Amazon ecc…) nel 2022 – che è l’ultimo anno di cui abbiamo i dati, a fronte di un fatturato annuo di 9,3 miliardi, versano nelle casse dello stato circa 162 milioni di tasse. Nulla rispetto alla tassazione fiscale di una qualsiasi azienda italiana.
Ci sarebbe da approfondire anche l’aspetto legato all’evasione fiscale di queste società per le quali dal 2019 ad oggi – si stima – pare abbiano eluso il fisco per circa 50,7 miliardi.
Basterebbe recuperare queste somme ed investirle nel sistema sanitario per rendere migliore la sanità pubblica – che per noi socialisti va preservata, difesa ed implementata.
Proprio sulla sanità è necessaria una battaglia di verità.
La destra al Governo sta finendo di sfasciare il servizio sanitario nazionale, taglia i fondi alla sanità pubblica, spinge per la privatizzazione. Una vergogna!
Con l’onestà intellettuale di chi riconosce che la sinistra, quando è stata al Governo, avrebbe potuto e dovuto fare di più grido con forza a nome di tutti i socialisti che non ci rassegniamo all’idea che un giorno i nostri figli debbano recarsi al pronto soccorso forti di una carta di credito in tasca e non della tessera sanitaria, conquista che in Italia abbiamo ottenuto, grazie anche all’impegno dei socialisti. Il diritto alla salute è un diritto primario ed è di tutti, a prescindere dal colore di pelle, dalla classe sociale e dai soldi che hai!
È intollerabile che in un paese civile 4 milioni e mezzo di cittadini debbano rinunciare alle cure perché non hanno i soldi per curarsi dal privato, in assenza di un servizio idoneo della sanità pubblica. Un disastro!
Il SSN disegnato da Mariotti, Aniasi, Mancini è stato regionalizzato con risultati non all’altezza delle sfide. Riportarlo su una competenzanazionale è una sfida necessaria per invertire la rotta e centrare l’obiettivo di passare DALLA SANITA’ DEI DIRITTI AI DIRITTI DELLA SALUTE.
Il Governo Meloni , sulla salute dei cittadini, ha venduto agli italiani due grandi truffe. La prima è il decreto tagli liste d’attesa senza metterci un euro.
Dei sei decreti attuativi necessari a concretizzare il provvedimento, finora il governo ne ha emanato solo uno. Non è stato assunto né un medico, né un infermiere, né un anestesista in più.
Le liste d’attesa nella sanità pubblica si abbattono se il Governo ci investe, se vengono comprate nuove e moderne attrezzature, se vengono assunti e pagati nel modo giusto i professionisti sanitari. Se incentivi il funzionamento delle apparecchiature per 15 – 16 ore al giorno, prevedendo l’esenzione dal ticket per chi accetta una risonanza alle 7 di mattina o alle 21 di sera. Senza queste misure si fa demagogia. Ed è esattamente ciò che il governo fa trattando questi argomenti.
La seconda truffa è l’aver dichiarato di aver abolito il numero chiuso alla facoltà di medicina – una nostra battaglia – quando in realtà si è fatto peggio: di fatto si sono spostati di sei mesi, mettendo una soglia di sbarramento, che provoca non solo gli stessi problemi di prima, ma ne aggiunge altri.
Su questo la nostra proposta è chiara: eliminare il numero chiuso alle facoltà di medicina e rendere libere le iscrizioni dovunque vogliano gli studenti. L’unica selezione che può essere fatta è quella relativa all’impegno, al rigore durante gli anni di studio.
Sulla sanità perciò è arrivato il momento di dire che non sono più sostenibili venti sistemi sanitari diversi, organizzati in maniera differente in base a quella o a questa regione. Il sistema sanitario deve tornare sotto la competenza statale, eliminando i sistemi della spesa storica e destinando la risorse in base alla popolazione delle singole regioni, in maniera equa.
Il Governo, con ipotesi scellerate sull’autonomia, va nella direzione opposta. Lavora per aumentare le diseguaglianze nel Paese e per aumentare il peso dei privati, di quelli cioè che sulla salute fanno business.
Sul lavoro siamo i peggiori in Europa. A Palazzo Chigi fanno finta di non saperlo e si prodigano nello sport nazionale più praticato dagli uomini della Meloni: leggere i numeri al contrario.
Il tasso di occupazione in Italia è il più basso di tutta l’Unione europea. A certificarlo sono le ultime tabelle pubblicate da Eurostat.
Per il nostro Paese il divario resta forte con l’Europa soprattutto per l’occupazione giovanile e per quella femminile. Per i maschi l’occupazione tra i 15 e i 24 anni è al 36,9% in media nell’Ue e al 23,6% in Italia. Se si considerano sia i giovani lavoratori che le giovani lavoratrici, l’occupazione complessiva nella fascia 15-24 anni è al 34,8% in Europa e al 19,2% in Italia, in calo di oltre un punto percentuale.
Certo, l’aumento dell’occupazione in Italia va avanti dal 2019: l’andamento dell’occupazione non si può ricondurre semplicemente all’attività dell’attuale governo perché le analisi di mercato ci indicano che sono vari i fattori che determinano l’incremento dell’occupazione che, per quanto riguarda l’Italia, è in aumento appunto da qualche anno.
Il Governo Meloni dal canto suo ha il merito di aver reso ancor più povero il lavoro. Alcuni dati:l’analisi della redistribuzione del reddito in Italia nel 2024 pubblicata dall’Istat non poteva essere più chiara nel certificare gli effetti delle politiche di questo Governo in tema di salari e di redditi delle famiglie.
E’ stato certificato, infatti, che in Italia si è verificato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850 mila famiglie dove la perdita media è stata di 2.600 euro all’anno. Non solo: l’impoverimento riguarda quasi esclusivamente le famiglie più povere, anche a causa dell’abolizione tout court del reddito di cittadinanza, misura sbagliata se fatta nel modo che abbiamo conosciuto ma che andava riformata e proiettata nel futuro.
I numeri non mentono. È aumentata la povertà relativa e assoluta, ed è aumentata ancor di più la povertà delle famiglie in cui l’adulto di riferimento è un operaio o un lavoratore assimilabile.
Potrei continuare con i numeri ma vado alla sintesi della questione.
Precario, povero e part time. Questo è il lavoro creato e incentivato dal governo Meloni. Sono oltre 4 milioni di donne e uomini che lavorano e ogni anno portano a casa meno di 12mila euro lordi. È lavoro povero perché la paga oraria è bassa, o perché le ore lavorate sono poche, davvero troppo poche. Ma Meloni non solo ha fatto e continua a fare una guerra senza quartiere al salario minimo legale, ma vuole introdurre un’ulteriore liberalizzazione e incentivazione della precarietà.
A conferma di tutto ciò l’Istat attesta come l’incidenza della povertà assoluta nelle regioni meridionali sia la più alta del Paese ma è stabile, il 12% contro il 9,1 del Nord Ovest e l’8,6 del Nord Est, mentre nelle regioni settentrionale i poveri aumentano passando da 2 milioni e 298mila a 2 milioni e 413mila.
Il settentrione è proprio quella zona a maggior incidenza di occupazione, che quindi sconta di più sia la perdita di potere di acquisto di salari e pensioni, sia la maggior quantità di lavoro povero.
Per affrontare questa emergenza sociale è necessario, e noi socialisti siamo favorevoli, introdurre il salario minimo. Il centrosinistra, sul tema, ha trovato una quadra: è la strada giusta.
L’Italia è tra i pochissimi Paesi in Europa a non avere una misura di tale portata che consentirebbe a tutti i lavoratori di avere maggiori tutele, maggiore potere d’acquisto che rimetterebbe in moto l’economia del Paese. Non bisogna soffermarsi, e mi riferisco soprattutto alle forze progressiste, a quanto fissarlo ma è necessario che il Governo lo introduca nel sistema di retribuzione dei lavoratori per offrire un argine reale alla crescente inflazione che sta divorando i salari e rendendo più povere le famiglie.
Dal punto di vista dello sviluppo economico e delle imprese la situazione è anche peggiore. Nel 2024 l’Italia ha registrato una diminuzione della produzione industriale del 3,5%. Non c’è nessun settore che registra incrementi o pareggi. Questo dovrebbe portare il Governo a mettere in campo un piano di rilancio per le industrie italiane. In Italia, mentre le imprese sono strette nella morsa dei prezzi dell’energia e anche su questo il Governo non ha fatto nulla se non un altro decreto in ritardo e con poche risorse a disposizione, si continua a registrare una forte desertificazione industriale (ne approfitto per lanciare un messaggio di solidarietà e di sostegno alla battaglia condotta dai lavoratori della Jabil di Marcianise, che a fine mese rischiano licenziamenti di portata storica).
Il Governo, dopo i disastri della Zes unica, non ha un piano concreto per il rilancio dell’industria italiana. Solo annunci.
A cominciare dal settore automotive e consentitemi di ricordare in questa sede anche le battaglie che stanno portando avanti i lavoratori Stellantis di Pomigliano, della Trasnova e di tutte quelle aziende che in questa regione, in particolare, sono impegnati in crisi industriali legate a questo settore.
E’ necessario mettere in campo un piano di rilancio del settore, detassazione, incentivi, nuove tecnologie. Serve rilanciare il comparto, strategico per l’Italia, e la proposta di Urso – di riconvertire la produzione Italia di auto in armamenti – in assenza di una strategia seria, non può essere una proposta condivisibile.
L’Italia ha bisogno di un piano industriale a lungo tempo non misure spot che tamponino temporaneamente le crisi. Su questo la soluzione ce la consegna l’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che nel suo rapporto sulla competitività ha indicato non solo all’Italia ma all’intera Europa gli sforzi da perseguire e le azioni da mettere in campo per rendere la nostra industria e le nostre imprese moderne e competitive nel mondo, soprattutto attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, su cui la Meloni accumula ritardi perché evidentemente sta aspettando indicazioni da Musk.
Il Governo Meloni sta smantellando anche tutte le conquiste dello stato sociale.
Sulla scuola pubblica, ad esempio, non è stato fatto alcun investimento, anzi. Nell’ultima finanziaria sono stati stanziati 750 milioni per le scuole paritarie, private. Zero sull’edilizia scolastica. Zero per l’assunzione di nuovi docenti. Nessuna visione che tenda a valorizzare la scuola pubblica.
La scuola è ferma al palo. Il ministro Valditara,all’apertura dell’anno scolastico, aveva dichiarato che questo governo avrebbe risolto il problema del precariato. Invece, l’annosa questione nel corso dei mesi non solo non è migliorata ma è peggiorata scivolando nel grottesco, con l’indizione di due concorsi che hanno messo confusione ancora di più nella questione.
Insomma, anziché accelerare le procedure per l’ingresso in ruolo, questi concorsi sono diventati una beffa umiliante. Questo per dire quanto si sia lontani da un qualsiasi miglioramento nel settore dell’istruzione. La questione è sempre quella delle risorse. È politica, perché anche con una limitazione di spesa dovuta dalle regole e dalle ristrettezze di cassa, le scelte contano.
E il governo ha deciso di destinare le risorse altrove. Il discorso sulla scuola pubblica assume ancor più valore alla luce dei dati allarmanti diffusi dall’Ocse che ci consegnano un Paese dove il livello di conoscenza è inferiore alla media e spesso legato all’appartenenza territoriale. Un Paese dove addirittura un terzo degli adulti non è in grado di capire cosa legge. Di fronte alla rapida evoluzione tecnologica, le competenze sono fondamentali. Da noi invece la curva delle difficoltà nell’apprendimento è in crescita. Insomma la scuola ha bisogno di scelte decise ed investimenti concreti, non di misure spot poco incisive. E sappiamo tutti quanto questo incida sull’ascensore sociale, che in Italia risulta largamente bloccato.
Ma soprattutto bisogna uscire dalla retorica del “quanto siamo bravi” e cercare di capire da subito quali sono le priorità di un Paese che ha bisogno di investimenti e non di propaganda, uscendo una volta per tutte dallo scontro quotidiano usato dal Governo come alibi per il suo immobilismo, mentre sarebbe il momento di cambiare rotta e di decidere di investire sul futuro di questa nazione: i giovani, il nostro grande capitale.
Oggi è la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Rivolgiamo a tutte le vittime, alle loro famiglie e a quanti lottano ogni giorno contro le mafie il nostro pensiero e il nostro impegno deciso contro la criminalità organizzata e la corruzione.
A sinistra abbiamo il dovere di recuperare il tema sicurezza, che abbiamo lasciato per troppo tempo alla declinazione populista della destra. Costruire una nuova sinistra, dei doveri oltre che dei diritti, significa comprendere che la sicurezza dei nostri figli, delle famiglie, delle donne, dei nostri quartieri, delle nostre attività̀ commerciali è tema strategico ed è storicamente un tema della sinistra. Ogni riflessione deve partire dal rispetto e dalla gratitudine verso chi oggi, donne eduomini in divisa, assicura la nostra sicurezza.
Una nuova politica di sostegno ai salari di questi lavoratori non è più rinviabile. Serve assicurare alle Forze di Polizia uomini e mezzi. Per la sicurezza delle periferie delle città, dei grandi centri urbani, delle zone a ridosso delle Stazioni. Servono norme che possano consentire, azioni di fermo verso quanti rappresentano una minaccia per la sicurezza pubblica, non per chi manifesta e protesta pacificamente.
Noi abbiamo il dovere di comprendere fino in fondo le ragioni dei giovani, dei lavoratori, degli uomini e delle donne in difficoltà, che scendono in piazza a protestare, ma con la fermezza di chi sa altrettanto che vanno difesi e tutelati gli uomini e le donne in divisa.
In tal senso, condanniamo con fermezza l’applicazione del Dl Sicurezza che mira esclusivamente alla repressione del dissenso pacifico. Va potenziato il ruolo di intervento della polizia locale e coordinata l’attività con le altre forze. Va potenziato il ruolo dei Sindaci per consentire il recupero di aree abbandonate e per consentire, accelerando i tempi, misure di fermo o espulsione verso quanti sono colti in flagranza di reato. Interi quartiere che si trasformano in luoghi di prostituzione o mercati di spaccio rappresentano una minaccia per le città, sono terreno fertile per la delinquenza.
Il sistema di garanzie non può trasformarsi in svantaggio verso la cittadinanza o in colpevole dilatazione dei tempi. Dobbiamo aiutare i nostri sindaci e i nostri amministratori, primi interlocutori dei cittadini, ad affrontare realmente questo tema, che è esigenza prioritaria delle famiglie.
Fare questo non è tradire la sinistra, tradire la sinistra è non occuparsi di famiglie ed imprese.
Nella nostra mozione abbiamo parlato della sinistra dei diritti e dei doveri. Nelle prossime settimane continueremo a declinare questa idea.
Vale per la sicurezza e per il tema immigrazione, vale per i diritti civili e per il welfare.
Un valido esempio ed una bussola di riferimentoci viene da Pedro Sanchez, che, in una delle sue prime interviste da Presidente, sosteneva che “si possono vigilare le frontiere senza però far male alle persone. Non apriremo le frontiere, questo non è possibile, ma vogliamo governare bene i flussi migratori”. Ecco, un socialista, non volge mai lo sguardo altrove, quando c’è da salvare una vita in mare, a maggior ragione quella di bambiniinnocenti. Giorgia, Matteo, ci sentite? Prendete esempio.
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Care compagne, cari compagni, la mozione che mi ricandida alla segreteria è molto articolata, tocca tanti punti e, per ragioni di tempo, rimando a quel documento per la declinazione di tutti i temi che sono alla nostra attenzione e sono oggetto del nostro congresso. Dalla transizione digitale alla transizione ambientale, fino alla sfida dell’intelligenza artificiale.
Nella nostra assise ci saranno approfondimenti sul tema giustizia, nostra antica ed attuale battaglia, e lanceremo una grande sfida nazionale sul piano Casa. Serve un piano per le giovani coppie, per gli anziani, per le famiglie che hanno diritto a coronare questo sogno. Nell’Italia che altri hanno dileggiato era un diritto alla portata di tutti, oggi diventa impresa titanica.
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Dedico quest’ultima parte a noi, al partito, e alle prossime sfide che affronteremo.
Dopo la battuta d’arresto delle elezioni politiche del 2022 abbiamo avviato un percorso di rilancio del partito che oggi sta generando importantirisultati.
Basterebbe guardarsi intorno per capirlo.
Ritorniamo ad eleggere nei consigli regionali con il nostro simbolo, in Sardegna e Basilicata oltre che in Campania, eleggiamo Sindaci e consiglieri nei comuni capoluogo di provincia e torniamo nelle massime assise cittadine con eletti del Psi. Risultati che mancavano da decenni.
Alle ultime elezioni europee abbiamo riportato il nostro simbolo sulla scheda elettorale dopo 25 anni, nell’alleanza “Stati uniti d’Europa”, un progetto troppo frettolosamente liquidato, non a causa nostra, che oggi sarebbe centrale nella scena politica italiana.
Abbiamo fatto un ottimo lavoro sui territori, la rete dei nostri dirigenti mi ha consentito – fatemelo ricordare con un pizzico di orgoglio – di essere il socialista che ha raccolto più preferenze, nella Seconda Repubblica, sotto un simbolo socialista.
I dati del tesseramento ci confermano che siamo sulla strada giusta con oltre tremila tesserati in più negli ultimi due anni, che ci riportano sulla soglia dei 14.000 iscritti a livello nazionale. Segno tangibile che il percorso avviato due anni fa è quello giusto: siamo partiti con gli stati generali del socialismo italiano ed abbiamocontinuato con la celebrazione dei congressi locali, aperture di nuove sezioni, con il coinvolgimento a tutti i livelli di nuove esperienze e formazioni di stampo socialista, con la celebrazione degli attivi regionali in tutte le regioni e la celebrazione da ultimo delle due conferenze nazionali sui temi delle riforme, della sicurezza e dello sviluppo a Milano e sui temi del mezzogiorno, del riformismo e del lavoro a Napoli.
Il 2xmille, che è l’unica fonte di finanziamento per il partito oltre il tesseramento, ha segnato incrementi sostanziali che non si registravano da anni sia in termini di incassi diretti che in numero di donazioni aumentate: solo rispetto allo scorso anno, oltre mille dichiarazioni in più arrivando a quasi 19.000 dichiarazioni in nostro favore. E’ un risultato senza precedenti storici recenti, ed è conseguenza di un rinnovato interesse nei confronti del Psi e del socialismo in Italia.
Abbiamo riportato in edicola, in modo autonomo,l’Avanti! della Domenica, che oggi viene distribuito in quasi tutte le regioni d’Italia in oltre 400 edicole. L’unico giornale di partito ancora in vita e che tutte le settimane consente di far arrivare la voce dei socialisti in tutto il Paese insieme all’Avanti! online. Abbiamo recuperato nel patrimonio del Psi la storica testata di Mondoperaio, che una frettolosa scelta della precedente governance del partito aveva rischiato di portare via. E’ nostro obiettivo continuare questo lavoro.
Il Partito oggi necessita di un maggiore collante fra le articolazioni territoriali e la segreterianazionale. E lavoreremo in questa direzione.
E’ necessario dare maggiore importanza alle strutture regionali che a loro volta dovranno meglio veicolare, attraverso le strutture provinciali, le decisioni e le campagne realizzate a livello nazionale e, al contrario, far giungere al piano nazionale le migliori esperienze territoriali.
Occorre snellire le procedure e avviare un costante confronto, anche direttamente con gli iscritti.
In vista delle prossime elezioni amministrative e regionali, in continuità con quanto stabilito dal consiglio nazionale di Napoli del 13 luglio 2024,adotteremo un simbolo elettorale del Psi, come avviene in altri paesi europei, che faciliti la presentazione del garofano rosso in tutte le elezioni amministrative e regionali.
Proveremo, ma sarà tema da approfondire anche al primo Consiglio nazionale, ad immaginare un contrassegno elettorale che partendo dal garofano, dal nostro simbolo, possa parlare ad una platea più vasta, più larga, di riformisti e liberali. L’idea di Avanti è suggestione che costruiremo.
E’ nostro obiettivo dare la piena attuazione dello statuto in merito alla rappresentanza di generenegli organi collegiali di partito: troppo spesso la norma statutaria non viene applicata e sarà nostro obiettivo, sin da questo congresso, applicarla.
Nella primavera del 2025 saranno chiamati al voto circa 500 comuni, di cui 8 capoluoghi di provincia per un totale di circa dieci milioni di cittadini. In autunno saranno sei le regioni che dovranno rinnovare i propri consigli regionali: Campania, Toscana, Veneto, Marche, Puglia e Valle d’Aosta. L’obiettivo è quello di tornare nella maggior parte dei consigli regionali dopo anni di assenza e continuare il lavoro avviato con la Campania, la Sardegna e la Basilicata.
Nel 2019, alla fine, avevamo un solo eletto, in Campania, ed era il sottoscritto. Oggi sono tre. Ancora pochi ma bisogna continuare. L’obiettivo è aumentare questa pattuglia che consente al partito di avere nuova luce.
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Dicevamo che di fronte alle grandi sfide che attendono la nostra società e alle difficoltà crescenti dell’economia, delle imprese e delle famiglie, il governo Meloni sta dimostrando ogni giorno la sua totale inadeguatezza.
Nessuna reale capacità riformatrice o innovativa, nemmeno nelle materie più propagandate o sulle iniziative ritenute prioritarie dalla stessa maggioranza di governo. La cosiddetta “madre di tutte le riforme”, quella del premierato, è uscita dai radar. Per non parlare dell’autonomia differenziata, nella formulazione scellerata proposta dal governo di destra, bocciata già dalla Consulta.
E’ evidente che, di fronte allo sfacelo di un governo di destra populista, arrogante e incapace, è assolutamente necessario che il centrosinistra – unito – elabori un progetto di governo coraggioso, unitario ed inclusivo.
Il problema non è tecnico, legato alla legge elettorale, né geografico, come postulano i ricercatori del mitico “centro” dello schieramento politico che dovrebbe essere risolutivo per la vittoria dell’uno o dell’altro schieramento.
Non è legato alla individuazione di un nome, campo largo o altro.
Serve mettere insieme, su un progetto, le forze modernizzatrici.
Serve costruire, attorno al Pd che è il primo partito della coalizione, un fronte ampio dove le sensibilità ambientaliste, radicali, rifomiste e liberali possano trovare una intelligente armonia.
Serve, senza rinunciare alle battaglie della sinistra, dare voce al mondo cattolico. E consentitemi, da questa assise, di mandare un saluto a Papa Francesco. Una guida, è il caso di dirlo, modernizzatrice della Chiesa, una voce che sosteniamo nella ricerca della Pace nel Mondo.
Al contempo, per la coalizione di centrosinistra, riteniamo utile e proficuo il dibattito che si sta sviluppando intorno al mondo cattolico: amalgamare nuovamente culture diverse ma accomunate tutte dallo sviluppo progressista, potrebbe essere la strada giusta per offrire una nuova proposta convincente per il governo del Paese.
Il centrosinistra, e noi ci faremo carico di essere sintesi delle forze modernizzatrici, deve elaborare un progetto di governo credibile e convincente che si ponga come alternativa a tutto campo ad una destra che prima ancora di essere sovranista e autoritaria, è assolutamente inadeguata.
Il Partito Socialista Italiano intende dare il proprio contributo di idee e di iniziative a questo grande progetto di rinnovamento dell’Italia, come ha sempre fatto da oltre centotrent’anni. Intende farlo nella piena consapevolezza della propria appartenenza storica alla sinistra italiana ed europea, di cui è radice e non cespuglio, ma anche della necessità assoluta e della imprescindibilità della propria autonomia politica.
Chi pensa che questa storia possa scomparire, essere diluita in altri contenitori non ha fatto i conti con noi, non li ha fatti con la storia.
Il nostro obiettivo, nel solco del venticinquesimo anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, è quello di unire la sinistra, di darle una visione nuova, di unire la partita dei diritti a quella dei doveri.
In questo quadro è necessario che si crei un luogo di confronto stabile e comune di tutta la coalizione e che si abbandoni la politica dei veti che spesso ha ostacolato la creazione di una coalizione unita e plurale.
Sui temi va costruita una alternativa credibile e noi lo faremo sviluppando una dialettica con il Pd, nel solco della comune appartenenza al socialismo europeo, e dialogando con le altre forze politiche della coalizione nel segno di un “riformismo radicale” che caratterizzerà la nostra azione politica.
Il referendum sulla cittadinanza, del qualesiamo stati tra i primi sostenitori e che ci vedeprotagonisti nel comitato insieme ad altre forze politiche come Più Europa, è una ulteriore occasione per unire la coalizione.
Il Congresso dovrà affrontare e decidere anche cosa fare sui referendum sul lavoro e sul Jobs Act proposti dalla CGIL: è giusto che questo congresso indichi una posizione unitaria, considerate le varie sensibilità presenti nella nostra base.
Quella riforma del lavoro è stata più volte modificata da sentenze della Corte costituzionale che ne hanno snaturato quasi totalmente l’impianto.
Il jobs act da un lato ha avuto sicuramente il merito di aumentare le occasioni e il numero dilavoratori, ma dall’altro ha anche contribuito alla precarizzazione eccessiva delle condizioni del lavoro stesso.
Sono passati 10 anni dalla sua approvazione e un tagliando è sicuramente necessario.
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Mi avvio davvero alla conclusione. Consegnando un ultimo flash sulla direzione di marcia.
L’esperienza fallimentare del terzo polo non può essere ripetuta, non hanno senso operazioni fuori dagli schieramenti.
Nella sinistra vogliamo costruire, e la rilanciamooggi, l’area dell’innovazione, della modernità, la parte più Avanti del centrosinistra.
Con questo spirito guardiamo Avanti, al nostro futuro e a quello dell’Italia.
Le abbiamo passate tutte eppure ci siamo, da sempre.
Con la forza delle nostre radici e con le gambe che già corrono verso il futuro siamo nella partita.
Sarà una partita avvincente, la vinceremo perché siamo animati dalla passione, perché siamo dalla parte giusta della storia, perché senza di noi non c’è storia.
Bobby Kennedy, ed è la storia americana che a noi piace, disse una volta “Pochi sono grandi abbastanza da poter cambiare il corso della storia. Ma ciascuno di noi può cambiare una piccola parte delle cose, e con la somma di tutte quelle azioni verrà scritta la storia di questa generazione.”
Sembra scritta proprio per noi! Allora, forza! Al lavoro!
Bisogna ESSERCI… PER UN’ALTRA ITALIA, PER UNA NUOVA EUROPA!
Grazie e buon congresso a tutti.