La scelta di uno sul diritto di tante

di Andrea Follini

Il numero dei medici ginecologici obiettori in Italia è elevatissimo. È sempre più frequente imbattersi in strutture sanitarie dove la percentuale raggiunge il 100 per cento. La situazione che al tempo dell’approvazione della Legge 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza) sembrava essere minoritaria, quella cioè che nel 1978 vedeva essere pochissimi i medici non disponibili ad eseguire interruzioni di gravidanza, oggi si è completamente ribaltata. Il numero dei medici non obiettori, che possono cioè dar corso all’interruzione della gravidanza in strutture protette ed in piena sicurezza per la donna, è molto basso e sempre più spesso medici non obiettori vengono assunti dalle Asl come contrattisti, per poter garantire il minimo indispensabile del servizio, al solo fine di rispettare la legge. Dati dello scorso anno indicano come la libertà di scelta prevista per la donna in gravidanza sia rimasta di fatto solo sulla carta: in Italia i ginecologi obiettori sono il 63,4 per cento, gli anestesisti il 40,5 per cento, e il personale non medico il 32,8 per cento. Significa che quasi sette medici su dieci la cui preparazione lo consentirebbe, non praticano l’interruzione di gravidanza. Questo complica di molto le cose per le donne che vogliano seguire questo percorso; spesso fatto di dolorosi rinvii o proroghe che possono influire nella loro serenità. In più nel tempo, diverse inchieste giornalistiche hanno evidenziato come non sia producente per la carriera di un medico dichiararsi non obiettore; vedersi relegato a svolgere solo interruzioni di gravidanza e non poter quindi svolgere appieno la propria specialità medica, oppure perdere l’occasione di una progressione di carriera perché vincolato a questa scelta di laicità e libertà. Una situazione che stride con quanto indicato nella legge e che, purtroppo, spinge ancora troppe donne a ricorrere a pratiche insicure, che le portano al di fuori dalla tutela della sanità pubblica. Questo evidenzia come sia ancora troppo diffuso il pensiero che l’aborto non si configuri come un atto di cura e ciò diventa un grosso limite nel dare piena attuazione alla legge che quel diritto intende tutelare e che è stato ottenuto con tante battaglie di civiltà. Tale situazione rende ancora attuale la possibilità di vincolare l’assunzione di medici in particolari ambiti alla loro dichiarazione di non obiezione, cosa che nel passato ha animato numerose polemiche. Resta la condizione di un diritto che, nel nostro Paese, può essere attinto solo in alcuni territori, con grande disparità. Una condizione non più sopportabile.

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