di Giada Fazzalari
Gli sconsiderati provvedimenti di Trump sui dazi hanno fatto crollare le borse di tutto il mondo. Bruciati in Europa quasi settecento miliardi di euro in una sola seduta; più di duemila miliardi dall’annuncio dell’applicazione del provvedimento voluto dal tycoon. Risultato, mercati in fibrillazione, instabilità, incertezza. E non sembra essere finita qui. Il presidente Usa continua a minacciare un rialzo dei dazi per quei Paesi, Cina in testa, che attueranno contromisure alle decisioni di Washington. In sostanza, una folle rincorsa verso la recessione. Il mondo dell’imprenditoria americana, anche quella più vicina a Trump, inizia a presentare segnali di agitazione. In Italia la presidente del Consiglio ha ritenuto solo martedì scorso di rispondere al mondo delle nostre imprese, convocando a Palazzo Chigi ministri e categorie, continuando a sostenere che è necessario impedire una guerra commerciale, non capendo – o facendo finta di non capire – che questa guerra è già in corso e mieterà molte vittime nel nostro tessuto industriale. La sostanziale lontananza dal mondo delle imprese e l’incredibile assenza di una seria politica economica e industriale – di questo governo per evidente incapacità e del centrosinistra per motivi ideologici – ci rende impreparati, proprio adesso che le imprese avrebbero bisogno più che mai di un sostegno, a causa di dazi che potrebbero abbattersi come una scure. La miopia della politica, tutta, è tutta nell’incapacità di capire questo concetto: solo con il sostegno a chi produce ricchezza, tale ricchezza può essere ridistribuita, generando dunque lavoro e giustizia sociale. Ora, invece, il rischio di una spirale economica negativa ci presenta il conto. Un’alternativa di governo di centrosinistra – una sinistra modernizzatrice, pragmatica, riformista – deve passare anche da qui: mettere da parte inefficaci ideologie e pensare all’economia con maggiore realismo. E attenzione: non possono esserci ambiguità sull’adesione all’Unione europea ed alle decisioni assunte dalle sue istituzioni. Intanto, una crisi generale mondiale si riverbera sui mercati, dove i dazi sono solo parte del problema, si inserisce in un meccanismo che anima tensioni internazionali, guerre, debolezza della Ue; tutti segnali di una instabilità preoccupante. Una maggiore spesa per gli armamenti, Palestina ed Ucraina da ricostruire, la crisi energetica legata all’applicazione di sanzioni, nello Yemen i pirati che assaltano le navi commerciali. Un mondo in confusione, che ha perso i suoi solidi riferimenti d’un tempo. Ma a cosa dobbiamo prepararci? Quali soluzioni mettere in campo? Queste dovrebbero essere le domande alle quali la politica ha il compito di dare risposte. Servono idee chiare, coraggio ed autorevolezza. Tutte qualità difficili da trovare a Palazzo Chigi ma che non è facile tirar fuori dalle forze di opposizione. Conviene svegliarsi, altrimenti potremmo trovarci nel mezzo di un mondo in macerie. In un tempo neanche troppo lontano.