Esiste un tema sicurezza. Ma deve essere priorità della sinistra

di Francesco Di Lorenzi

La recente conferenza nazionale di Milano ed il questionario lanciato dal partito sulle priorità della nostra piattaforma politica, ci offrono lo spunto necessario per riflettere seriamente su un tema troppo a lungo dimenticato e lasciato colpevolmente in esclusiva alle destre nostrane ed internazionali. È arrivato il momento di dire con chiarezza che esiste un problema sicurezza, in particolare nelle grandi periferie degradate e in quei luoghi che meglio si adattano ad attività criminali ed illecite come stazioni e parchi pubblici. E che questo tema ha anche a che fare con quell’immigrazione illegale e senza controllo che, è bene essere estremamente chiari, le leggi delle destre, dalla Bossi-Fini in poi, hanno contribuito ad alimentare, non consentendo la regolarizzazione di centinaia di migliaia di persone che, da cittadini, potevano e dovevano rispondere davanti alla giustizia delle loro eventuali condotte illecite. Per non parlare del fallimento di tutte le politiche di espulsione predisposte da qualsiasi governo negli ultimi trent’anni, compresa la trumpiana Meloni, a dimostrazione che fenomeni così complessi non si risolvono a suon di slogan populisti e a promesse elettorali. Per questo una sinistra riformista, moderna, socialista, deve recuperare quanto prima un tema che è storicamente nostro. Perché l’insicurezza, il senso di abbandono da parte dello Stato, l’impossibilità di vivere aree e porzioni di territorio delle nostre città è qualcosa che impatta, quotidianamente sulle vite di milioni di cittadini, in particolare delle classi popolari. Il dramma dell’immigrazione clandestina e dell’illegalità diffusa viene vissuto dagli anziani che non possono più frequentare, dopo una certa ora, il parco pubblico diventato sede legale dello spaccio di ogni tipo di stupefacente, dal lavoratore che frequenta di sera le stazioni pubbliche, dalla mamma con bambini che si trova a fronteggiare la persona ubriaca e molesta a qualsiasi ora del giorno, non certo da chi all’interno delle sua ztl fa lavorare, magari in nero, un paio di colf nel suo lussuoso appartamento. Siamo di fronte ad un fenomeno classista che alimenta, giorno dopo giorno, un pericoloso scontro tra ceti popolari autoctoni e disperati di importazione, in quella logica dell’odio e dello scontro di civiltà tanto cara alle destre di entrambe le sponde dell’oceano Atlantico e che costituisce il loro principale serbatoio elettorale. Non è un caso che di fronte ad un fenomeno così complesso e di difficile gestione, nel Paese guida dell’Unione europea, anche le forze socialdemocratiche abbiano cominciato ad assumere toni diversi, perché è arrivato il momento di affrontare alla radice il problema e di non lasciarlo ulteriormente in mano a populisti ed apprendisti stregoni; il Cancelliere e leader della Spd Olaf Scholz ha dichiarato infatti di fronte al bundestag pochi mesi fa: “…l’apertura al mondo è necessaria, ma ciò non significa che chiunque può venire nel nostro Paese. Dobbiamo essere in grado di scegliere chi entra in Germania. Lo dico qui in modo molto esplicito”. E ancora: “Vogliamo che le persone vengano qui per lavorare, per imparare il tedesco, per rispettare la legge, per guadagnarsi da vivere, ma anche per avere voce in capitolo”. Per non parlare delle dure prese di posizione sul tema del laburista Starmer e di molti leader socialdemocratici scandinavi, a dimostrazione che la problematica è reale ed una forte autocritica assolutamente necessaria. Ora è evidente che la questione non è quella di inseguire le politiche sbagliate o, peggio ancora, gli slogan delle destre, bensì quella di costruire una proposta seria e credibile che associ le indispensabili misure repressive e di contrasto all’illegalità, al grande tema dell’allargamento della cittadinanza, che può trovare nel referendum sulla riduzione dei tempi per ottenerla un terreno ideale per una grande e diffusa battaglia di libertà. Fermezza, rispetto delle leggi, certezza della pena e diritti, crediamo che siano gli elementi fondamentali per fare della sicurezza una battaglia vincente dei socialisti e di tutti i riformisti, per tornare a parlare alle nostre classi di riferimento, per svuotare il serbatoio della propaganda dei sovranisti di cartone, per affermare un diritto fondamentale dei cittadini, per far capire al Salvini di turno che la sovranità di una nazione si difende come fece Bettino Craxi a Sigonella e come hanno sempre fatto i socialisti riformisti in tutta la loro storia, anteponendo l’interesse generale a quello di parte e non atteggiandosi a patriota contro un barchino di disperati subsahariani a rischio di annegamento. Ma forse questo è veramente impossibile.

 

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