Errori giudiziari, i numeri della vergogna

di Marika Forense

In Italia dal 1991 al dicembre 2024 si contano 31.949 errori giudiziari, in media circa 940 l’anno. È bene ricordare la differenziazione tra le vittime di ingiusta detenzione, cioè coloro che subiscono una custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, salvo poi venire assolte, e chi subisce un vero e proprio errore giudiziario in senso stretto ossia quelle persone che, dopo essere state condannate con sentenza definitiva, vengono assolte in seguito a un processo di revisione. Numeri altissimi per una società civile come la nostra, ma è ormai risaputo che, in tema di carcere e detenzione, il nostro Paese non brilla certamente, soprattutto negli ultimi tempi. Il report dell’archivio sugli errori giudiziari e ingiusta detenzione fa presente che, in tema di errori giudiziari, le spese per lo Stato italiano sono esorbitanti; tra indennizzi e risarcimenti veri e propri, la spesa si aggira intorno ai 987 milioni 675 mila euro per una media di poco inferiore ai 29 milioni e 49 mila euro l’anno. Denaro pubblico che potrebbe, invece, essere investito proprio per la prevenzione di tali situazioni e magari anche per la così tanto temuta riforma penitenziaria. Non tutti i mali, però, vengono per nuocere. A dare il via ad un cambio di prospettiva e di visione è stato un caso di ingiusta detenzione clamorosa; il caso di Beniamino Zuncheddu (ex pastore sardo condannato all’ergastolo per la strage di Sinnai dell’8 gennaio 1991), clamoroso perché la Corte d’Appello di Roma il 27 novembre 2023 scarcera Zuncheddu dopo oltre 33 anni di carcere. Processo retto dalla testimonianza dell’unico superstite che individuò, forse sotto forti pressioni esterne, nella persona di Beniamino Zuncheddu, il killer della strage avvenuta nel 1991. Beniamino trascorse 33 anni tra le carceri sarde di Badu ’e Carros (Nuoro), Buoncammino e Uta (Cagliari), da innocente, in quanto il processo di revisione ha visto revocato l’ergastolo e portato alla luce l’assoluzione con la fatidica frase: “Assolto per non aver commesso il fatto”; una libertà rubata e un colpevole ad ogni costo, così la giustizia era stata fatta, ma senza alcun rimorso. Irene Testa, garante delle persone private della libertà della Regione Sardegna, è la promotrice insieme a Gaia Tortora e ad altre dieci vittime di errori giudiziari della proposta di legge di iniziativa popolare presentata il 10 gennaio 2025 in Cassazione. La proposta di legge prevede un assegno economico mensile sino alla data della sentenza di risarcimento del danno patito per l’ingiusta detenzione; si tratta, nello specifico, di una rendita mensile provvisoria ed immediatamente esecutiva; essa è pari al doppio dell’assegno sociale, a valere sui fondi della Cassa delle ammende, che spetta all’imputato che abbia preannunciato la presentazione della domanda di riparazione, prosciolto perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. La durata, come riportato nel disegno di legge, non può essere inferiore al doppio della durata di espiazione della pena e della custodia cautelare sofferta. Si tratta di una proposta di buon senso civico ed umano, perché vittime come Beniamino Zuncheddu non devono essere lasciate senza nessun sostegno, sia esso morale od economico; non tutti possono contare su qualcuno che possa fornire un sostegno e non tutti hanno la possibilità di avere un reinserimento agevole nella società libera: il reinserimento sociale è un percorso lungo e pieno di ostacoli. E il percorso si fa ancora più tortuoso se coloro che, essendo state vittime di un errore giudiziario, sono magari costrette ad indebitarsi perché non riescono a trovare un’occupazione lavorativa e debbono aspettare anni e anni per avere il giusto riconoscimento economico per la detenzione ingiustamente patita. Ma, c’è un ma: il risarcimento economico non restituirà gli anni scontati all’interno di una cella, non restituirà una famiglia che non si è potuta costruire, non restituirà l’amore delle persone care perse a causa delle sbarre di una cella; ecco perché occorre una radicale rivisitazione di tutto il sistema penitenziario italiano, affinché non capitino più situazioni analoghe e altrettanto dolorose come quella di Beniamino Zuncheddu

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