di Francesco Di Lorenzi
Il prossimo congresso di Napoli metterà il lavoro, la scuola, la sanità e la sicurezza al centro della proposta politica dei socialisti ma c’è un dato specifico, certificato pochi mesi fa da “Il Sole 24 ore”, con cui è necessario fare subito i conti e che deve diventare “l’ossessione” del nostro nuovo corso: dal 1992 ad oggi i salari reali sono cresciuti in Italia dell’1% contro un +32,5% dei restanti Paesi dell’area Ocse. Un’ecatombe. Uno tsunami da cui dipendono, a cascata, molti dei problemi cronici della nostra economia, quali i bassi livelli dei consumi interni, l’inarrestabile crisi demografica, la crescita del Pil prossima allo zero, il continuo aumentare di bonus e sussidi statali, con la conseguente, inarrestabile, ascesa di deficit e debito pubblico. Una spirale socialmente devastante, capace di mettere in discussione decenni di riforme e di conquiste dei lavoratori, innescata da una classe dirigente irresponsabile e demagogica, priva di visione e progettualità, asservita a poteri economici corporativi ed incapace di ragionare in termini di interesse generale. Tuttavia poiché siamo figli di una cultura politica, quella del socialismo riformista e liberale, che ci ha insegnato a non ragionare nell’ottica del “tanto peggio, tanto meglio”, i socialisti faranno da subito la loro parte, per invertire un declino che sembra ogni anno più inarrestabile, lavorando con serietà e pragmatismo a ricette alternative agli slogan populisti delle attuali destre trionfanti. Da dove ripartire dunque? Dai fondamentali della nostra storia, da un’idea di Paese diversa che archivi la sbornia ultra liberista degli ultimi trent’anni, con il suo carico di precarietà, bassi salari, flessibilità solo in uscita, sicurezza sul lavoro ai minimi termini, privatizzazioni finalizzate a favorire gli amici degli amici e rilanci come priorità nazionale una politica salariale degna di questo nome, costruita sulle fondamenta di una crescita economica solida, come avviene a pochi chilometri da noi, con gli ottimi risultati del governo guidato dal socialista Sanchez (Pil 2024 a +3,2%), e non distribuendo mance e bonus senza senso con un Pil allo zero virgola. Riscoprendo una sana programmazione economica che restituisca allo stato l’insostituibile e fondamentale ruolo di regolatore del mercato e delle sue ingiustizie. Su questo aspetto è bene essere molto chiari; da socialisti riformisti crediamo fortemente nella necessità di un autentico ed ampio pluralismo economico, contro ogni tipo di monopolio, ma attenzione a pensare, come per anni ha fatto una certa sinistra alla ricerca di patentati ed accettazione internazionale, che la soluzione sia nel privatizzare ad ogni costo, pensando di fare cassa con i “gioielli” di famiglia, a scapito della nostra indipendenza e delle nostre eccellenze in settori strategici e di vitale importanza. Siamo tutti d’accordo che lo Stato non debba produrre panettoni ma è sicuramente da socialisti difendere la presenza pubblica nei grandi asset, come l’energia, le telecomunicazioni, l’industria aereospaziale, su cui si gioca il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e nel mondo, e nei servizi essenziali come sanità ed istruzione, cardini insostituibili dello stato sociale e del modello di civiltà europeo. È da socialisti ripensare un nuovo statuto dei lavoratori che garantisca tutele, prospettive e sicurezza sia ai milioni di giovani stritolati negli ingranaggi dei contratti di tre mesi sia a chi sperimenta, volontariamente e con soddisfazione, nuove forme di organizzazione dei tempi e delle modalità del lavoro, frutto dell’incredibile accelerazione tecnologica dell’ultimo decennio. È da socialisti immaginare un nuovo piano industriale nazionale che coniughi sviluppo e difesa dell’ambiente. È da socialisti rilanciare nuove ed antiche forme di democrazia economica, come la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa, l’autogestione, il sistema cooperativo. È da socialisti difendere l’interesse nazionale italiano quando l’Europa si arrocca in difesa di burocrazie e tecnicismi lontani dai bisogni dei cittadini. È da socialisti lavorare per una giustizia giusta, lontana da ogni forma di politicizzazione e da estremismi accusatori. È da socialisti difendere sempre e ad ogni costo la trincea della democrazia e della libertà, combattendo qualsiasi cedimento autocratico ed antiparlamentare. È da socialisti lottare ad ogni latitudine per la pace e contro vecchie e nuove forme di imperialismo. È da socialisti promuovere l’allargamento dei diritti individuali nel rispetto di tutte le sensibilità del Paese. È da socialisti, insomma, avere una visione d’insieme della nostra Italia, lavorando in sinergia con chi vuole realmente riformare questa nazione, per costruire dal basso una società più libera e giusta. Noi ci saremo, con tutto il peso e l’orgoglio della nostra storia.