di Lorenzo Cinquepalmi
Maurizio Bini da 30 anni guida al Niguarda di Milano il reparto in cui le donne che non riescono ad avere figli trovano il miracolo della maternità. È uno dei maggiori esperti nella terapia della sterilità e nella criogenesi, ma è anche medico e chirurgo della sessualità, esperto e docente in biotecnologie, ginecologia ed ostetricia. Oltre che in medicina, ha voluto laurearsi anche in lettere e filosofia, e poi in lingue e letteratura cinese. Un medico carico di umanità e di umanesimo e, forse per questo, un socialista.
Maurizio, ti cerco e ti trovo a New York. Cosa ci fai in America?
«Presento un film. Un film di Gianluca Matarrese, intitolato Gen_, che parla di me e del mio lavoro, presentato prima al Sundance Festival e poi al Moma, qui a New York. L’idea è quella di raccontare come la sanità pubblica italiana sia capace di accogliere e accompagnare le coppie che hanno problemi di fertilità verso la gioia di avere figli, di creare un percorso per coloro che soffrono perché imprigionati in un genere sessuale che non sentono loro, di mettere la medicina al servizio di persone che inseguono sogni che la scienza può rendere possibili ogni giorno di più, nel difficile equilibrio tra le opportunità offerte dalla tecnica e l’imperativo morale di non disumanizzare».
Hai voluto sottolineare “sanità pubblica”. Ti conosco bene e so cosa significa per te. Ma c’è un’intonazione nuova nel modo in cui lo dici.
«Sono nel Paese della medicina contrattualistica, un sistema in cui la vita è merce e la cura, la salute stessa, sono imprigionate nei diagrammi di costi, ricavi e profitti. Eppure proprio qui, presentando il film e l’idea di medicina che racconta, ho trovato una grande partecipazione emotiva per un sistema così diverso da quello a cui gli americani sono abituati. Mi sono sentito continuamente esprimere l’ammirazione per il servizio sanitario pubblico, universale e gratuito, e per l’ideale umanistico, di giustizia sociale, che esso rappresenta. Poco trumpiani, in verità: non me lo sarei aspettato in Utah».
Perchè?
«È uno stato abitato in larghissima maggioranza da persone molto religiose, con un’impostazione francamente conservatrice. Eppure, proprio da queste persone mi sono sentito dire che il modo di fare medicina descritto nel film dimostra che siamo stati capaci di un grande sviluppo tecnico senza dimenticare cosa tocchiamo: il corpo umano che, non solo per chi è religioso, è l’involucro dello spirito. Altri mi han detto che vedere gli spermatozoi e il loro percorso verso la generazione della vita era come vedere il moto delle stelle nell’universo: l’infinito nell’immensamente piccolo come nell’immensamente grande. Uno, poi, mi ha detto di avere amato i silenzi che intervallano il parlato del film, sostenendo che nel silenzio si sente la voce di Dio, perché Dio sussurra e nel chiasso non lo si può sentire».
Un’esperienza inconsueta per un laico non credente.
«Inconsueta e forte: la percezione netta dell’esistenza di quel tessuto di umanità comune a credenti e non credenti, dell’importanza dei valori spirituali di delicatezza e rispetto. La compassione nel significato latino del termine, mettere in comune emozioni, speranze, delusioni, dolori e, per fortuna, anche gioie».
In che modo questo film potrà portare un contributo al modello della sanità pubblica, universale e gratuita assediato dalla medicina-business?
«Facciamo vedere a tutti, capire a tutti, che in Europa è ancora possibile, per chi sogna di avere un figlio, riuscire a farlo nascere anche quando i corpi, gli organi, non ci riescono, ma anche quando non si è ricchi. E per chi ha bisogno di trasformare un corpo che non riesce a conciliare con la sua sessualità ma è nato dalla parte meno fortunata della società. Soprattutto, che esiste ancora la possibilità di essere medici e di esercitare la medicina avendo come misura le persone e non il denaro. Sai, i patroni dei dottori sono Cosma e e Damiano, i santi medici, detti anàrgiri, senza argento, perché votati all’esercizio gratuito della loro arte. Cosma sentiva a tal punto l’importanza di curare e guarire disinteressatamente da separarsi dal fratello Damiano perché, una sola volta, aveva accettato un piccolissimo compenso da una persona che aveva curato. Beh, i medici devono vivere e se sono bravi è giusto che vivano bene, se non altro in proporzione al bene che fanno; ma lo spirito di Cosma dovrebbe essere più presente, e ricordare a tanti medici che l’umanità che curano va messa al primo posto».
Sundance Festival, Museum of Modern Art di New York, e dopo?
«Il film è stato selezionato per il Festival del documentario di Salonicco, in programma dal 6 al 16 marzo. La prima italiana, anche se c’è già stata una proiezione in anteprima al Niguarda, sarà a Milano, il 13 marzo, al Cinema Anteo, seguita il giorno dopo, il 14, dalla prima proiezione a Roma, al Cinema Troisi. Spero che lo vedano in tanti, nel Paese in cui il film è stato girato, perché in tanti capiscano che patrimonio insostituibile è il servizio sanitario nazionale, pubblico, universale e gratuito».08