di Addiccì
Esattamente quarant’anni fa veniva eletto segretario del Pcus Michail Gorbačëv. Era succeduto a Černenko e sembrava destinato, in un primo momento, ad una politica continuista rispetto ai suoi grigi predecessori. Poi, per una serie di ragioni economiche e geopolitiche, Gorbačëv comprese che c’era un solo modo per salvare la cosiddetta “patria del socialismo”, ovvero avviare una stagione di riforme e di trasparenza dei processi decisionali. L’Occidente guardò con favore e speranza a questo comunista riformista, e imparò a conoscere due parole assai importanti di quella fase politica: “glasnost” (trasparenza) e “perestrojka” (riformismo politico-economico). Gorbačëv, molto amato in Italia e in tutto l’Occidente, traghettò con coraggio la dittatura sovietica in una direzione che potremmo definire proto-democratica. Non solo tentò di evitare il collasso di un sistema economico totalmente incapace di rinnovarsi, ma diede voce alle nuove generazioni, che sentivano il bisogno di aprirsi al mercato, all’Occidente e ad una diversa concezione degli stili di vita e delle ambizioni personali. Come sappiamo, nel 1991 l’Unione sovietica collassò e, alla fine dell’anno, Gorbačëv fu costretto a dimettersi. Da quel momento in poi la Federazione russa entrò in una fase di grande caos, e la stella di Gorbačëv, in patria, tramontò rapidamente. Solo in Occidente continuò ad essere molto amato, tant’è che veniva invitato dappertutto, ricevendo premi e onori di ogni tipo. Come mai in Russia Gorbačëv fu rapidamente dimenticato e finanche osteggiato? La sua più grande “colpa” fu quella di non aver saputo incarnare l’eterno mito zarista dei russi. I russi hanno un’idea titanica della propria patria, e non perdonano chi, per un motivo o per l’altro, ne mostra il lato debole, permissivo, perdente. La maggioranza dei russi accusò e accusa Gorbačëv di aver distrutto l’Urss, e di aver permesso il disfacimento del suo ordine morale e spirituale. Quello che gli occidentali fanno fatica a comprendere è che non ci sarà mai, dopo Putin, un liberaldemocratico al potere. Che sia monarchico, sovietico o liberista, chiunque avrà in mano le sorti della Russia dovrà sempre dimostrare di essere uno “zar”, ovvero di saper incarnare senza cedimenti il sogno della Grande Russia o, se si vuole, della Superpotenza mondiale. Ecco perché Gorbačëv non sarà mai amato dai russi, e perché nessuno, in Russia, ricorderà il quarantennale della sua elezione a segretario del Pcus.