Europa dove sei?

di Giada Fazzalari

La rivoluzione geopolitica che è in corso sembra metterci di fronte ad un tornante della storia. Dove il confine tra vero e falso si fa sfumato e dove niente ormai è dato per scontato: i valori su cui si è fondato l’Occidente, una pace giusta, la democrazia stessa, i valori fondanti l’Europa. Quella che, per anni, ha rappresentato la diga contro oligarchie, dittature, autocrazie. Oggi, nelle partite più importanti, quella Europa, invecchiata e indebolita dal suo stesso immobilismo, resta alla finestra quando va bene, assente dai tavoli che contano. Umiliata quando va peggio. Il riavvicinamento di due blocchi prima lontani, quello dell’America di Trump e della Russia di Putin, con l’esclusione proprio dell’Europa dalla diplomazia sulla fine della guerra in Ucraina, ne sono dimostrazione plastica. Le regole che attualmente disciplinano l’organizzazione istituzionale dell’Unione, non sono all’altezza della necessità di attuare una maggiore integrazione e la cessione definitiva della sovranità degli stati nazionali nelle indispensabili materie della difesa militare, della politica estera, della politica fiscale e di finanziamento delle iniziative comuni. Il meccanismo dell’unanimità conferisce anche ai più piccoli paesi dell’Unione il potere di bloccare le decisioni più importanti, prima tra tutte quella sul superamento dell’obbligo di decisioni unanimi. Il rebus è irrisolvibile giuridicamente con il sistema istituzionale di oggi; la soluzione non potrà essere, dunque, che politica. Quando un tornante della storia si fa ingombrante, se non pericoloso, le mosse da compiere, e le scelte, devono essere alla sua altezza. La responsabilità dell’iniziativa spetta ai tre grandi paesi fondatori: Germania, Francia e Italia, rafforzati dalla Spagna, la quarta nazione europea per numero di cittadini, la cui economia è cresciuta vigorosamente dalla sua adesione all’Unione, e, forse, dalla Polonia. Nulla vieta a Germania, Francia ed Italia di costituire un esercito comune, dettando le regole per un suo comando e per il suo impiego agli ordini di un organismo politico militare comune, da cui dipenda anche una politica estera comune, finanziato attraverso un patto economico, fiscale e di debito comune. Si tratterebbe di stare nell’Unione come un soggetto unitario, dotato della forza gravitazionale necessaria per attrarre progressivamente altri Stati su un progetto che abbia, fin dall’inizio, un’architettura costituzionale più snella e decidente. L’embrione della nuova Europa deve nascere in seno all’Unione europea grazie ad una forzatura dei suoi Stati più autorevoli e potenti, per riaffermare la supremazia culturale, politica e anche economica di un modello europeo sociale profondamente democratico e libero. Restituirebbe più certezze, e un futuro, a chi oggi, in Europa, si sente apolide. Europa, dove sei?

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